Cercasi paradiso: Polinesia
Francese
Da due secoli affascina il mondo.
Fra mito e realtà, appuntamento con la leggenda dei Mari del Sud
Salve inguaribili viaggiatori, oggi continuo a farvi sognare con il mare d'inverno e vi suggerisco di dimenticare la macchina fotografica e non sarete prigionieri dell'ansia del ricordo.
Dimenticate anche retorica e aspettative. Vivetela, E la Polinesia vi regalerà più di quanto immaginate.
Più tradizioni di quelle scimmiottate nel tamouré confezionato per gli ospiti degli alberghi, più fascino di quello banalizzato nei dépliant turistici. Più vita di quella che passa veloce dai finestrini di un'auto, più emozioni di quelle suscitate da un tramonto che incendia la laguna.
Se cercate delle cartoline risparmiatevi tanti chilometri. La sua bellezza non è nei panorami grandiosi ma nelle storie piccole, nei gesti, negli sguardi, nei sorrisi.
Perché la Polinesia non è un fondale per belle foto, un palcoscenico per il sogno d’esotismo del mondo. È verità. Da assaporare con gli occhi e guardare con il cuore e con amore. Per uomini e donne dalle voci melodiose, per una lingua cantilenante, per una musica sensuale.
Per isole dolci come la vaniglia, feroci come la lava, inebrianti come il sole. Per una natura esuberante, quasi eccessiva. Un paradiso trovato e, inevitabilmente, perduto. Molto si è smarrito di quella innocenza decantata dai primi visitatori. Molto si è conquistato: consapevolezza, fierezza, intraprendenza.
Tahiti, Raiatea, Bora Bora, Manihi, Tahaa: isole e atolli sospesi fra acque dipinte di pesci e spiagge candide che abbracciano vulcani spenti ma non vinti, sgocciolanti nel blu profondo dell'oceano.
Dal I 767 alimentano i desideri di fuga del mondo e vivono nella nostra mente non tanto grazie a quello che sono quanto a ciò che rappresentano. Una leggenda, creata dai quadri di Gauguin e Marisse, dalle poesie di Loti, dai romanzi di Stevenson, di Melville, di Jack London, dal Bounty cinematografico di Gable, Brando e Gibson, già corrotta nel 1769, come lamentato dal capitano Cook e, un secolo dopo, da Gauguin, che abbandonò Papeete per inseguire il proprio ideale di purezza alle Marchesi.
Oggi, capolinea di tutti i miti, Tahiti, l'isola maggiore, è toccata da uno sviluppo economico e sociale che pare inconciliabile con un turismo che pretende li Sogno.
Pur esigendo l'aria condizionata e il frigobar pieno si sente defraudato se non trova l'indigeno nella capannuccia: un marchio di autenticità turistica, una condanna all'immobilismo per coloro che vivono nel "nostro" mito.
Territori d'Oltremare dal 1957, con autonomia negli affari interni dal 1984, queste 118 isole disseminare su: una porzione di Pacifico vasta come l'Europa vivono di turismo.
Perché il paradiso è quasi sterile. A eccezione di frutta e monoi (il profumato olio idratante ricavato dal cocco e dai fiori di tiaré) infatti produce ben poco.
La lontananza, le pesanti tasse d'importazione imposte da mamma Francia per sostenere gli esorbitanti costi dei servizi - trasporti, assistenza medica e scolastica -, unite alla frammentata rete di distribuzione, fanno moltiplicare i prezzi.
li capoluogo, Papeere, a Tahiti, si è adeguato ai tempi. Ora è un Comune con oltre 140mila_abitanti che in cinque anni ha visto raddoppiare il numero dei disoccupati e dove 45rnila famiglie vivono con meno di 50mila Cfp al mese.
Le forme delle leggiadre vahine, complice la ipercalorica alimentazione occidentale, sono lievitate. I polinesiani hanno imparato a ipotecare il futuro, e comprano a rate, facendo la fortuna dei francesi, che hanno in mano l'import-export, e dei cinesi (il 9% della popolazione), giunti come manovali e che ora detengono la maggior parte degli empori.
I turisti arrivano qui e,dopo un'ubriacatura di cesti, parei, fiori e cappelli al mercato e un tour al museo delle perle, scappano. Invece Tahiti va rnetabolizzata, scendendo a patti con il traffico, le code all'ora di punta, il consumismo e l'inquinamento. Va rivalutata, per le sue superbe montagne alte più di 2000 metri, solcate da valli, cascate,ananas e vaniglia.
Per la spiaggia nera di Pointe Venus, sulla baia di Matavai, e la Route du monoi (http://www.monoiaddict.com/). fra piantagioni di tiaré e laboratori di cosmetologia,
Perle e vaniglia sono protagoniste anche nelle isole gemelle di Tahaa e Raiatea, che vanta uno dei maggiori santuari maori, il magnetico mare di Taputapuapea, da cui salparono i polinesiani alla conquista del Pacifico.
Ancora perle nere a Manihi, nelle Tuamotu, 8.800 abitanti e molti visitatori entusiasti di tanta solitudine e lontananza. E poi l'imperdibile Bora Bora, a 270 km a nordovest di Tahiti, quintessenza della Polinesia, la prima ad aprirsi al turismo grazie all'aeroporto militare lasciato nel 1960 dagli americani: un anello di corallo che abbraccia una laguna di 80 kmq, un'isola di 38 kmq dominata dal monte Otemanu e un solo villaggio, Vaitape.
Alberghi fra i più esclusivi del mondo fatti di bungalow sull'acqua e sontuose spa, coppie in luna di miele. E macchine fotografiche.
Tante.